WORLD PRESS PHOTO 2016. In esposizione a Roma le foto vincitrici

Fino al 29 maggio il museo Intrastevere di Roma ospiterà il World Press Photo 2016, uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del fotogiornalismo. Giunto alla cinquantanovesima edizione, l’ambito concorso è organizzato da una Fondazione con sede ad Amsterdam. Ogni anno una giuria indipendente, formata da esperti internazionali, è chiamata ad esprimersi su migliaia di domande di partecipazione inviate da fotogiornalisti provenienti da tutto il mondo.

Quest’anno sono arrivate più di 80 mila immagini, inviate da più di 5 mila fotografi provenienti da 128 paesi.  Diverse le sezioni competitive: contemporary issues, daily life, General news, long term projects, nature, People, sport, spot news. Proprio all’interno di questa categoria è stata selezionata la foto dell’anno, che riguarda un tema di strettissima attualità, quello dei migranti. “Hope for a new life”, questo il titolo, è stata scattata da Warren Richardson in Ungheria, il 28 agosto 2015. In quel periodo la rotta balcanica era attraversata da considerevoli flussi migratori e l’Ungheria stava costruendo un muro alto quattro metri lungo gran parte del confine sud-occidentale con la Serbia.

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La foto ritrae un migrante che passa un bambino ad un rifugiato siriano attraverso un buco nel filo spinato.”Mi sono accampato per cinqie giorno con un gruppo di 200 migranti cje cercava do attraversare il confine.”, racconta Richardson, “Una notte abbiamo passato quattro ore nascosti in un meleto, per sfuggire alla polizia, che aveva usato contro i migranti spray al pepe. Quando ho scattato la foto ero esausto, e ho usato la sola luce della luna, perché il flash avrebbe segnalato alla polizia la loro posizione”.

L’ennesima foto di una tragedia che continua. Una foto necessaria, che sottolinea non tanto la paura quanto la speranza. È in questo la sua forza, e con lei (con l’arte) la forza di questi popoli.

 

Piera Boccacciaro
Cosa conosciamo? Cioè cosa siamo sicuri di conoscere, o sicuri che conosciamo di aver conosciuto, se pure è conoscibile? Mio Dio, è già così difficile non perdersi a Chinatown...

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