GLOSS IN MUSICA. Ha la playlist dentro la crime novel americana di Napoli firmata da Francesca Scognamiglio Petino

Amy-Winehouse

Gloss, il romanzo d’esordio della giornalista e press agent napoletana Francesca Scognamiglio Petino, è prima di tutto un dichiarato omaggio al modello narrativo delle grandi crime TV series a stelle e strisce, in cima alla lista l’archetipo CSI di ambientazione losangelina e le sue ramificazioni a Miami e New York.

Francesca declina il modello facendone un inesausto gioco di fiction nella fiction e sceglie di lasciare del tutto al lettore la regia di ogni sequenza, riservandosi l’espediente di suggerire, per ogni capitolo, un brano, un mood musicale che è insieme indicazione di immaginario e presagio di ritmo narrativo. Ritmo che, piuttosto che imitare pedissequamente il paradigma anglosassone, lo rigenera attraverso la ricerca (felice) di una cifra propria, di un fortunato sguardo di straniera che si immerge dentro un prototipo e lo fa suo, ricavandone un inedito, grintoso ibrido.

Le presenze concrete del pop e del rock di ogni tempo sono dunque, in questo senso, l’offerta, fatta a chi legge da chi scrive, di una chiave di percezione e, ça va sans dire, lettura: l’autrice ci “suona” le sue ambientazioni e le temperie emotive dei personaggi e, nel contempo, sembra volerci ricordare che sono proprio i linguaggi della canzone e del cinema quelli che per primi hanno consegnato al mondo il racconto in inglese del presente, perché il mondo ne traducesse codice e sostanza come più gli piaceva. Pensiamo al rock and roll astruso e sempre sottilmente canzonatorio di Celentano oppure, ai massimi sistemi, allo spaghetti western di Sergio Leone e alla sua inedita anima musicale firmata dal genio di Ennio Morricone.

E se Alessandro Rak ha forgiato lo splendido tratto dell’Arte della felicità, il capolavoro di animazione tutto napoletano prodotto da Luciano Stella, anche sulla musica di, tra gli altri, Foja e Gnut, Francesco Forni e Ilaria Graziano, Joe Barbieri e 24 Grana (laboratorio di questo viaggio dalla musica al segno e viceversa i videoclip disegnati negli anni per gli stessi Foja, e ancora Bisca, Giovanni Block, Gentlement’s agreement), per quanto riguarda il graphic novel di Gloss possiamo piuttosto immaginare che la musica dettata nel romanzo sia idealmente chiamata a vivificare la iconica stasi delle tavole del fumetto e i personaggi del volume. Più che persone sono simboli dei rispettivi status, patinati (glossy, per l’appunto) e algidi frammenti di contesto, in piena sintonia col genere dentro il quale le loro vicende si sviluppano. E lo fa suonandoci le hit del presente radiofonico o piuttosto i classici della memoria musicale (dell’autrice e collettiva).

Così, ad esempio, è il torbido neo-soul di Back to black di Amy Winehouse a suonare l’adagio di quello che è, nell’architettura del romanzo, il primo e l’ultimo giorno di Lola Forbest, stellare pubblicitaria e donna dal successo e dalla solitudine (apparentemente) troppo perfetti per essere veri (e vera lei). Tra i classici Bring on the night da Reggatta de Blanc (1979), secondo, seminale album dei Police, il disco, per intenderci, di Message in a bottle e Walking on the moon: la canzone sembra scelta per portarci, coi convulsi accordi iniziali che si sciolgono dentro il reggae del ritornello, ancora un po’ più dentro il racconto in musica delle diverse velocità di New York sfondo irrinunciabile della vicenda, la megalopoli vera, filmica e sognata, che è forse l’autentica protagonista del romanzo; e la velocità e multiformità di una vita, quella di Lola, che già non esiste più se non come rompicapo per gli agenti del dipartimento di Crime Scene Investigation colti, nel momento in cui l’autrice preme “play” sul capolavoro di Sting e soci, nell’atto di cercare indizi nella Lamborghini Diablo della giovane super manager. E sexy e sorprendente è il passaggio del racconto suonato da David Guetta e cantato da Sia in Titanium; ma quando il gioco si fa caldo (e, forse, destinatore) l’house di Guetta cede volentieri il posto ad una didascalica e sempre memorabile Perfect Day (Lou Reed). 
Parole e musica si riallineano con suggestiva originalità quando l’agente Miranda Brooklyn (il caso Forbest in mano per ragioni che vanno ben oltre il semplice incarico d’ufficio e che lasciamo scoprire al lettore, tra le righe di testo e i balloon della graphic novel) affonda l’intuito nel passato di Lola: sono i Coldplay di Trouble, dal mitico album Parachutes del 2000, che consacrò per direttissima la band londinese nell’Olimpo del (brit) pop-rock (e ci rese le misure di quelli che sarebbero stati i suoni del millennio che nasceva), a mettere in musica l’umbratile fragilità delle tessere di passato della vittima, che l’agente Brooklyn raccoglie e assembla insieme dentro una Boston più che mai rigida, e non soltanto per il freddo che fa, ed abissalmente distante dalla Grande Mela frenetica e glamorous. E se, per la lettura del diario dell’adolescenza della vittima, Gloss omaggia la più internazionale e groovie delle formazioni partenopee e suona la più new wave delle tracce dei “nuovi” Planet Funk di The Great Shake del 2011 (e Napoli e Londra si incontrano in un attimo, proprio come nella vita di Lola Forbest), i Pink Floyd di Comfortably Numb imprimono un andamento allucinato al racconto del segreto più doloroso della donna tragicamente scomparsa. L’ultimo, sorprendente movimento della storia ha inizio col climax delle indagini, e la rivelazione di molte verità (ma non tutte), ha il sapore, solenne e doloroso come il dramma della vittima, di Nothing but di Skin e, mentre le piste della seduzione e dell’esplorazione del sé incrociano, dentro la vicenda personale dell’agente Brooklyn, quelle della sua indagine, Gotye suona il tormentone Somebody That I Used To Know (mentre per la nuovissima graphic novel l’autrice cambia idea e ci suggerisce di suonare, proprio in questo punto del racconto, la splendida Imany e la nenia triste di You will never know) sussurrando il rimpianto di Miranda per un uomo che forse non avrà mai, per una conquista tanto facile eppure difficilissima per una donna così consapevolmente complessa come l’agente CSI che cerca giustizia per Lola. È decisamente europea la colonna sonora dei colpi di scena, nelle vicende e nelle emozioni dei protagonisti, che ci accompagnano verso l’epilogo della storia: i vincenti cadono e le aspettative vengono tradite mentre l’Adele di Someone like you cede il passo ai Dire Straits di Sultan of Swing. Il finale musicale è new age, pastoso, suggestivo, americanissimo, e ci regala un ultimo frame disincantato, e profondamente femminile. Non vi diciamo, né suoniamo, di più.

 

Rosa Criscitiello

 

Rosa Criscitiello
Uno spettacolo si può preparare in un mese. Improvvisare, invece, richiede una vita. (Pino Caruso, Ho dei pensieri che non condivido, 2009).

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