OVUNQUE, PROTEGGICI. La Ruotolo e la sua lingua nuova

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Lei è una professoressa di paese, nel senso letterale della cosa: vive e insegna a Santa Maria a Vico, provincia di Caserta. Neanche quarant’anni, faccia acqua e sapone e una mente che la porta a viaggiare nel mondo e nel tempo. Io me la immagino un po’ come Jane Austen che, nella stanzetta del suo cottage, scriveva capolavori immortali, firmandosi “by a lady”, “una signora”. Elisa Ruotolo ha le carte in regola per diventare una star della letteratura contemporanea. Tanto in regola, che l’hanno messa nella rosa dei candidati allo Strega. Il suo “Ovunque, proteggici” (Nottetempo edizioni, pagg. 306, euro 16,50) è un romanzo non banale, anticonvenzionale pur restando nei canoni della saga familiare. Ha infatti un’originalità tutta sua, a partire dalla storia, che è quella di personaggi stravaganti e perlopiù sfigati, persi dietro manie, sogni e persino malefatte, che anche il lettore più cinico e severo non può non perdonare, preso dalla tenerezza di questo o quel particolare, che li rende unici, mai visti (o quasi) prima. La storia è tra la casa patronale Villa Girosa e l’America, dove alcuni dei membri della famiglia vanno e cercano una fortuna che non arride a tutti, per cui succede che la vita di paese sia migliore di quella dell’american dream irrealizzato. Scritto in prima persona, il racconto è fatto da Lorenzo che, a cinquant’anni, si trova costretto a confrontarsi con il proprio passato e con i diversi protagonisti che lo hanno determinato, a partire da un padre a metà tra un mangiafuoco e un saltimbanco, soprannominato Blacmán per un gioco linguistico con l’inglese, che ben serve a rendere l’idea del suo aspetto. Ed è la lingua, al di là della storia costruita alla Cent’anni di solitudine, il tratto forte di questo libro, dove le parole sono precise, sempre di contesto. Mai qualunque. A tratti ci si perde, nell’unicità della frase: la Ruotolo compone e scompone, è come se inventasse la lingua daccapo. Lei scompare dietro le parole, non si sente, non si vede, e i suoi personaggi sono avvolti dal fascino di un italiano che qui torna a essere lingua viva, originale, misteriosa. È una specie di magia, questa scrittura, così potente e ferma, senza sbavature. Il libro meriterebbe di essere letto solo per questo, se non fosse per tutto il resto.

Ida Palisi

Ida Palisi
I was in the middle when I knew I had begun.

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