INQUINAMENTO. L’acqua della discordia

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Qualche mese fa, una famosa (e contestatissima) copertina de l’Espresso aveva lanciato l’allarme sull’acqua in Campania. «Bevi Napoli e poi muori» è il titolo choc con il quale il settimanale aveva svelato i risultati di uno studio Usa sulla presenza di sostanze inquinanti in molti pozzi dell’hinterland partenopeo. Una bufera che in breve aveva suscitato la reazione del sindaco De Megistris, pronto a farsi filmare in una sorta di «contro spot» ma anche a criticare quello che a suo modo di vedere si configurava come una sorta  di «attacco alla città». Senza voler entrare nel merito dei dati diffusi, fa sorridere (ma è un sorriso amaro) che il clamore mediato della vicenda non sia neanche lontanamente comparabile con quello di una questione simile, stavolta più vicina alla capitale. Pare infatti che nel Lazio continui ad esistere un “piccolo problema” di arsenico negli acquedotti. Ma anche qui, non lasciatevi ingannare. A dispetto delle apparenze, l’arsenico è sempre stato presente in moltissime regioni italiane. Un problema risolto praticamente ovunque negli ultimi dieci anni, tranne che Lazio, appunto. Verrebbe da credere che lo scandalo abbia dato luogo ad aperture di prima pagina e, come per la Campania, a copertine al vetriolo. Nulla. Negli ultimi giorni siamo stati bombardati da un assordante silenzio. Quasi che la salute delle famiglie laziali sia meno importante di quella delle famiglie Campane. Eppure il caso c’è. Pare addirittura che possano esserci delle riduzioni in bolletta per i cittadini e forse delle multe a carico di chi avrebbe dovuto sistemare le cose, e non lo ha fatto. Staremo a vedere.

Raffaele Nespoli

Raffaele Nespoli
Chi non conosce la verità è uno sciocco. Ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente. (Bertolt Brecht)

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