DAIDO MORIYAMA IN COLOR. Alla galleria Sozzani di Milano lo street photographer che ha messo a nudo il Giappone

Considerato il maestro della street photography giapponese, Daido Moriyama, classe 1938, si è imposto alla fine degli anni Sessanta in ambito internazionale come il primo vero sguardo rivoluzionario sulla società nipponica. Il 1969 è l’anno in cui pubblica sulla rivista Provoke  ”Eros”, il racconto di una notte con un’amante in una stanza d’albergo, e la serie interamente realizzata in un drugstore di Aoyama mentre fuori infuriava la protesta giovanile.

In mostra alla Galleria Carla Sozzani ci sono centotrenta immagini inedite realizzate da Moriyama tra la fine degli anni sessanta e i primi anni ottanta, ossia il periodo che va dalle contestazioni studentesche partite dall’Europa, e poi dagli Stati Uniti, fino all’inebriante atmosfera liberista degli anni ’80. Un ritratto intimista di un paese colto nel passaggo cruciale della rottura dei valori tradizionali. Attraverso il filtro della malinconia e della trasgressione Moriyama inquadra il contrasto, l’incomunicabilità tra la sfera interiore e lo spazio della metropoli moderna in cui il soggetto agisce, cogliendone gli imprevedibili momenti topici, quelli in cui questo contrasto produce sul piano estetico significati fulminei. Il risultato è uno sguardo delicato e feroce allo stesso tempo.

Le sue foto, in bianco e nero o a colori, sono spesso sgranate, sovraesposte o sfocate. Nei nudi femminili lo sguardo è sospeso in modo ineffabile sul confine tra pudore, voyeurismo e sensualità. Moriyama coglie la malinconia e la vulnerabilità emotiva del soggetto sperduto nella modernità della metropoli, tormentato da passioni confinate nello spazio interiore della propria solitudine. La scelta tra b/n e colore è di carattere espressionista e riflette il modo in cui l’artista si pone nei confronti della città: “Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi che provo ogni giorno camminando per le strade di Tokyo o di altre città, come un vagabondo senza meta. Il colore descrive ciò che incontro senza filtri, e mi piace registrarlo per come si presenta ai miei occhi. Il primo è ricco di contrasti, è aspro, riflette a pieno il mio carattere solitario. Il secondo è gentile, riguardoso, come io mi pongo nei confronti del mondo.”

 

Piera Boccacciaro
Cosa conosciamo? Cioè cosa siamo sicuri di conoscere, o sicuri che conosciamo di aver conosciuto, se pure è conoscibile? Mio Dio, è già così difficile non perdersi a Chinatown...

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